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Esilio, i Savoia chiedono 260 milioni
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Esilio, i Savoia chiedono 260 milioni
La causa Offensiva giudiziaria di Vittorio Emanuele ed Emanuele Filiberto. Replica di Amedeo: iniziativa fuori luogo
Esilio, i Savoia chiedono 260 milioni
«Danni morali, violati i diritti dell' uomo». Il governo: dovete risarcire voi lo Stato Negli atti, tra l' altro, la pretesa di restituzione dei beni patrimoniali personali della famiglia
MILANO - I Savoia battono cassa allo Stato italiano, e subito si accendono vecchie e nuove polemiche. Dunque, Vittorio Emanuele e il figlio Emanuele Filiberto annunciano via tv (ieri sera il giovane era a «Ballarò» su Raitre) che chiederanno 260 milioni di euro per i danni morali, causati dal lungo esilio, determinato dalla XIII disposizione transitoria della Costituzione italiana.
Abrogata (non del tutto, il 3° comma è ancora vigente) nel 2002, allorché, alla fine di una tormentata partita politica, gli eredi maschi dell' ex Casa Reale ottennero il via libera per il rientro in patria. La questione del risarcimento, con la richiesta di restituzione dei beni patrimoniali personali dei Savoia, non è nuova.
Se ne parlava già nei primi viaggi «trionfali» della famiglia Savoia, in Italia. Ad Assisi, nel 2004, al battesimo della primogenita di Emanuele Filiberto e Clotilde Coureau, l' avvocato Emmanuele Emanuele (poi uscito di scena) confidava: «Sto studiando i termini del ricorso».
Ma gli eventi dell' estate 2006, decisamente infausti per Vittorio Emanuele, spedito in carcere dal pm di Potenza Woodcock (videogiochi e prostituzione), gelarono ogni iniziativa. Ora i nuovi legali (Calvetti e Murgia di Treviso) tornano alla carica. La pratica/risarcimento danni è urgente, poiché si rischia la scadenza dei termini. Spiega l' avvocato Sergio Calvetti: «Il primo atto è stato quello di inviare due "raccomandate" al premier Prodi e al presidente della Repubblica, Napolitano, così da bloccare la prescrizione. Poi, seguirà la causa».
La rivendicazione dei danni, quantificati in 260 milioni di euro (Vittorio Emanuele restò in esilio mezzo secolo più 4 anni), si fonda «sulla violazione di molteplici articoli della Convenzione europea sui diritti dell' uomo, ed in particolare dell' articolo 3, che prescrive il divieto di sottoporre qualsiasi essere umano a pene o trattamenti inumani o degradanti», spiega il legale. «I proventi di un' eventuale vittoria processuale andrebbero alla neonata Fondazione Emanuele Filiberto di Savoia, da devolvere in beneficenza e a sostegno delle fasce sociali disagiate».
Si chiede allo Stato per dare ai poveri? La logica benefica non convince chi, a vario titolo, è contro gli eredi dell' ex Casa Reale. Da una parte, i politici (area sinistra radicale) che già furono contrari alla cessazione dell' esilio; dall' altra, la fronda monarchica che detesta Vittorio Emanuele. Il cugino Amedeo Savoia Aosta taglia corto: «Iniziativa fuori luogo, la disapprovo totalmente». Lo storico Aldo Mola (supporter di Amedeo, considerato il vero erede dell' ex re) sconfessa i due Savoia, e rilancia: «Non hanno alcun titolo per chiedere risarcimenti, non sono eredi di Umberto II».
Un punto unisce i monarchici: rispedire al mittente le parole del segretario generale della Presidenza del Consiglio, Carlo Malinconico. Che ha detto: «Nulla si paghi; è lo Stato a dover chiedere i danni ai Savoia per le responsabilità legate alle passate vicende storiche».
*** La casata La dinastia dei Savoia (sopra, lo stemma) è una delle più antiche d' Europa Umberto II L' ultimo re fu Umberto II, padre di Vittorio Emanuele: fu detto il «re di maggio» perché regnò solo dal 9 maggio al 2 giugno ' 46 quando l' Italia scelse la Repubblica con il referendum La XIII disposizione La XIII disposizione transitoria della Costituzione italiana prevedeva che gli eredi maschi della dinastia non potessero tornare in Italia L' abrogazione Nel 2002 il Parlamento ha votato l' abrogazione della norma e i maschi Savoia sono rientrati in Italia
Fumagalli Marisa
Source : Corriera
Esilio, i Savoia chiedono 260 milioni
«Danni morali, violati i diritti dell' uomo». Il governo: dovete risarcire voi lo Stato Negli atti, tra l' altro, la pretesa di restituzione dei beni patrimoniali personali della famiglia
MILANO - I Savoia battono cassa allo Stato italiano, e subito si accendono vecchie e nuove polemiche. Dunque, Vittorio Emanuele e il figlio Emanuele Filiberto annunciano via tv (ieri sera il giovane era a «Ballarò» su Raitre) che chiederanno 260 milioni di euro per i danni morali, causati dal lungo esilio, determinato dalla XIII disposizione transitoria della Costituzione italiana.
Abrogata (non del tutto, il 3° comma è ancora vigente) nel 2002, allorché, alla fine di una tormentata partita politica, gli eredi maschi dell' ex Casa Reale ottennero il via libera per il rientro in patria. La questione del risarcimento, con la richiesta di restituzione dei beni patrimoniali personali dei Savoia, non è nuova.
Se ne parlava già nei primi viaggi «trionfali» della famiglia Savoia, in Italia. Ad Assisi, nel 2004, al battesimo della primogenita di Emanuele Filiberto e Clotilde Coureau, l' avvocato Emmanuele Emanuele (poi uscito di scena) confidava: «Sto studiando i termini del ricorso».
Ma gli eventi dell' estate 2006, decisamente infausti per Vittorio Emanuele, spedito in carcere dal pm di Potenza Woodcock (videogiochi e prostituzione), gelarono ogni iniziativa. Ora i nuovi legali (Calvetti e Murgia di Treviso) tornano alla carica. La pratica/risarcimento danni è urgente, poiché si rischia la scadenza dei termini. Spiega l' avvocato Sergio Calvetti: «Il primo atto è stato quello di inviare due "raccomandate" al premier Prodi e al presidente della Repubblica, Napolitano, così da bloccare la prescrizione. Poi, seguirà la causa».
La rivendicazione dei danni, quantificati in 260 milioni di euro (Vittorio Emanuele restò in esilio mezzo secolo più 4 anni), si fonda «sulla violazione di molteplici articoli della Convenzione europea sui diritti dell' uomo, ed in particolare dell' articolo 3, che prescrive il divieto di sottoporre qualsiasi essere umano a pene o trattamenti inumani o degradanti», spiega il legale. «I proventi di un' eventuale vittoria processuale andrebbero alla neonata Fondazione Emanuele Filiberto di Savoia, da devolvere in beneficenza e a sostegno delle fasce sociali disagiate».
Si chiede allo Stato per dare ai poveri? La logica benefica non convince chi, a vario titolo, è contro gli eredi dell' ex Casa Reale. Da una parte, i politici (area sinistra radicale) che già furono contrari alla cessazione dell' esilio; dall' altra, la fronda monarchica che detesta Vittorio Emanuele. Il cugino Amedeo Savoia Aosta taglia corto: «Iniziativa fuori luogo, la disapprovo totalmente». Lo storico Aldo Mola (supporter di Amedeo, considerato il vero erede dell' ex re) sconfessa i due Savoia, e rilancia: «Non hanno alcun titolo per chiedere risarcimenti, non sono eredi di Umberto II».
Un punto unisce i monarchici: rispedire al mittente le parole del segretario generale della Presidenza del Consiglio, Carlo Malinconico. Che ha detto: «Nulla si paghi; è lo Stato a dover chiedere i danni ai Savoia per le responsabilità legate alle passate vicende storiche».
*** La casata La dinastia dei Savoia (sopra, lo stemma) è una delle più antiche d' Europa Umberto II L' ultimo re fu Umberto II, padre di Vittorio Emanuele: fu detto il «re di maggio» perché regnò solo dal 9 maggio al 2 giugno ' 46 quando l' Italia scelse la Repubblica con il referendum La XIII disposizione La XIII disposizione transitoria della Costituzione italiana prevedeva che gli eredi maschi della dinastia non potessero tornare in Italia L' abrogazione Nel 2002 il Parlamento ha votato l' abrogazione della norma e i maschi Savoia sono rientrati in Italia
Fumagalli Marisa
Source : Corriera
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